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Monika OSVALD

Cecilia Alemani e Alberto Ambrosio. La moda ha preso alla religione anche l’arte

Recensioni, 6. 12. 2022

Biennale 2022

Biennale Arte 2022 di Venezia, 59. Esposizione Internazionale d’Arte, dal 23 aprile al 27 novembre 2022

Alberto Fabio Ambrosio, Moda e religioni: vestire il sacro, sacralizzare il look, Bruno Mondadori, Milano 2022

Le giornate di pre-apertura della Biennale Arte 2022 di Venezia, la 59ma Esposizione Internazionale d’Arte, aperta al pubblico dal 23 aprile al 27 novembre 2022, sono state, come di consueto, accompagnate da pubblicazioni più o meno approfondite sulla mostra, che hanno coperto quasi tutti gli aspetti della Kermesse e soprattutto si sono focalizzate su Cecilia Alemani e le sue scelte. La Alemani, proveniente da High Line Art di New York e già curatrice del Padiglione Italia nel 2017, ha preso come tema, con tendenza surrealista, Il latte dei sogni (The Milk of Dreams), tratto dall’omonimo libro di Leonora Carrington. Inoltre ha deciso non soltanto di mettere in luce, con le capsule storiche (incentrate sulle identità fluide, la metamorfosi, il cyborg, la cibernetica, l´ecologia) alcune artiste quasi completamente dimenticate, ma di fare una biennale quasi completamente al femminile (dei 213 partecipanti, 191 donne).

Curiosamente, o forse no, vista l’importanza che la moda ha assunto negli ultimi tempi, la notizia che ha fatto più clamore è stata l’annuncio della sponsorship della Biennale da parte della maison Dior, sottolineando il legame di amicizia tra la curatrice della Biennale Cecilia Alemani con l’amministratore delegato di Dior Couture, Pietro Beccari. In realtà non si trattava di una donazione alla Biennale (anche se l´abile marketing abile della maison ce l’ha fatto credere), ma della sontuosa cena, organizzata da Dior al Teatro La Fenice di Venezia il sabato 23 aprile, alla quale ha partecipato il jet-set internazionale con molte star della moda e del cinema. Dopo le giornate di preapertura (da lunedì 18 aprile), già chiuse al pubblico e riservate soltanto agli addetti ai lavori, con varie vernissage e ricevimenti, il vero clou della settimana veneziana è stato il galà di Dior, un evento riservato ad un ristretto cerchio d’élite internazionale.

Questo fatto e la rampante ascesa dell’importanza della moda nella società aprono un interessante dibattito sulla sinergia e la interdipendenza tra arte e moda. Negli ultimi anni abbiamo assistito ad una crescente perdita di autonomia dell’arte, che sembra essere passata da un padrone all’altro, da ancilla della religione a Santo Graal della moda. D’altra parte, come ha dimostrato Alberto Fabio Ambrosio nel suo nuovo libro (vedi sotto), la moda, seguendo l’esempio del sistema religioso, si è ben presentata come un’alternativa secolarizzata ed onnipresente nella società contemporanea.

Alla Biennale sono presenti diversi modelli d’intreccio tra i due mondi, che si basano sulla creatività. La classica co-lab (collaborazione) tra il brand e l’artista ci viene proposta dalla stessa maison Dior, che ha chiesto al veneziano Fabrizio Plessi di dare la sua visione di Lady Dior. L’artista ha rivestito l’iconica borsa con tessere di mosaico a foglia d'oro della fonderia Orsoni Venezia 1888. L'opera è stata esposta nella vetrina veneziana del marchio francese.

Un grande vantaggio per entrambe le parti è il sostegno dei marchi di moda al patrimonio culturale. I fondi raccolti durante la serata galante di Dior sono stati destinati, tramite la Onlus Venetian Heritage, al restauro della Galleria Giorgio Franchetti del Museo Ca’ d’Oro. Louis Vuitton ha invece stretto una partnership con la Fondazione MUVE, che gestisce il complesso sistema dei Musei Civici di Venezia. Per fornire un supporto concreto nel periodo della Biennale, il marchio francese ha restaurato otto edicole storiche veneziane, riportandole all’originario splendore, allestendole con i libri di viaggio che Louis Vuitton pubblica da decenni.

L’altro esempio, in cui invece esiste un reale pericolo di sbilanciamento a sfavore dell’arte e a beneficio del sistema della moda, è lo spazio espositivo, la collezione permanente, lo spazio museale, gestito dalla fondazione di una specifica maison. Nell’Espace Louis Vuitton (spazio dell’omonima fondazione, situato all’ultimo piano della boutique del marchio a Venezia) è stata installata l’opera Apollo, Apollo di Katharina Grosse. La mostra è stata ufficialmente inserita negli Eventi Collaterali della Biennale. Pinault Collection (la famiglia Pinault è proprietaria del gruppo internazionale del settore del lusso Kering) funziona oramai come un vero e proprio museo contemporaneo, simile alla Fondation Louis Vuitton a Parigi. Le mostre di Marlene Dumas a Palazzo Grassi e di Bruce Nauman alla Punta della Dogana, sono state allestite con tutti i criteri del settore e con un programma di accompagnamento che solo i migliori centri d'arte contemporanea possono produrre.

Ma la collaborazione può divenire ancora più importante: due case di moda hanno assunto il ruolo di sponsor dei padiglioni nazionali. Burberry ha siglato una partnership con il British Council per sostenere il padiglione britannico, allestito dall’artista Sonia Boyce, che ha vinto il Leone d’oro per la migliore partecipazione nazionale. Valentino è stato sponsor ufficiale del Padiglione Italia, con un investimento di 1,4 milioni di euro. Padiglione italiano curato da Eugenio Viola è, per la prima volta nella storia della manifestazione, rappresentato da un artista unico: Gian Maria Tosatti con l’opera Storia della Notte e Destino delle Comete. L’artista ed il luogo hanno un forte legame con Pierpaolo Piccioli, direttore artistico di Valentino. Infatti, la sfilata haute couture della casa di moda si è tenuta, nel luglio del 2021, nelle stesse Gaggiandre dell’Arsenale.

Alberto Ambrosio

La domanda sorge spontanea: l'arte è ancora indipendente o in qualche modo integrata nel sistema moda? A questo quesito potrebbe fornire risposte il nuovo libro di Alberto Fabio Ambrosio con il titolo Moda e religioni: vestire il sacro, sacralizzare il look (Bruno Mondadori, Milano 2022). L’autore, con i suoi scritti, ha inaugurato un nuovo campo di indagine, quello della filosofia religiosa della moda che, partendo dal punto di vista religioso amplia l’analisi con approccio interdisciplinare. Il libro, che è molto complesso, si potrebbe riassumere nei seguenti punti.

La Moda, con la M maiuscola si presenta come un sistema di dottrina, ritualità ed etica che, nei suoi stessi fondamenti, sembra evocare il sistema della Religione (con la R maiuscola anche in questo caso, poiché è considerata la matrice di ogni religione). In uno studio comparativo, Alberto Fabio Ambrosio evidenzia i punti di convergenza tra i due sistemi. Il libro si articola in tre capitoli principali che trattano i tre elementi fondamentali dell'interpretazione del fenomeno: “La dottrina della Moda”, “Riti mondani” e “E(ste)tica della Moda”.

Come la Religione, anche la Moda si basa su credenze (dogmi), in primis la qualità, analoga al concetto di perfezione religiosa. L'altro elemento è la relazionalità, poiché il culto del consumo non potrebbe esistere se non prevedesse anche “uno sfoggio” ad un pubblico. Nell'ultimo periodo il mondo della Moda sta cercando di trovare una solida base etica, poiché attaccato a causa del consistente impatto ambientale della produzione tessile, e si sta riconvertendo e “rivestendo” dell’eco-sensibilità.

La Moda ha sviluppato una complessa ritualità, sia individuale che sociale.

Il rito, inteso come ripetizione costante di un’azione, è creativo su due livelli: sul piano antropologico genera cultura, su quello religioso sacralizza il mondo e l’esistenza, mediante la ritualizzazione dello spazio e del tempo.

Tra i riti individuali possiamo evidenziare il processo d’acquisto che prevede tre fasi: il desiderio, l'atto di acquisto ed il consumo o esposizione del nuovo capo di vestiario. Riti sociali come la stagionalità (questa era più presente nella haute couture e prêt-à-porter e si sta perdendo nei ritmi frenetici della fast fashion), le sfilate (défilés), le settimane della moda (fashion weeks), scandiscono i tempi della vita sociale e ne definiscono l'impronta urbana (la capitale della Moda, i quartieri dello shopping). I riti della Moda sono performativi e, come la Religione, implicano transustanziazione sia individuale che sociale.

In un mondo secolarizzato che ha perso la radice metafisica dell’incanto e della meraviglia, la società moderna e contemporanea necessita di altre forme per re-incantare la visione mondana. La Moda non è la sola a produrre questo senso di meraviglia e ad incantare il mondo, ma è sicuramente una delle più importanti per due ragioni: il vestito è un bisogno primordiale dell’essere umano, l'importanza economica e sociale della Moda è tale da assumere il soft power con impatto geopolitico.

Quindi quale sarebbe almeno una risposta parziale alla difficile domanda di partenza, ossia sull’equa interdipendenza tra arte e moda? L’arte ha avuto, fin dai suoi primordi, la dimensione sacra, ed è stata incorporata nei sistemi religiosi per la (presunta) capacità di rendere l’invisibile visibile. Con la secolarizzazione, la stessa arte non solo ha raggiunto una certa autonomia, ma, con i propri dogmi, rituali e pretese escatologiche, molto vicine a quelle della moda, come ben definito nel libro di Alberto Fabio Ambrosio, ha sostituito la dimensione religiosa, almeno per una certa élite. Sembra però che ultimamente abbia perso il suo sacro recinto, lasciandosi sostenere e quindi influenzare dalla moda. In più, pare che la Moda abbia preso dalla religione non soltanto i pilastri, quelli della dottrina, della ritualità e dell’etica, ma che si stia appropriando anche del suo diamante della corona: l’arte.

 

 

Autore:

Monika Osvald
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Monika Osvald, Cecilia Alemani e Alberto Ambrosio. La moda ha preso alla religione anche l’arte , Bilten SUZD, 41/1 [6. 12. 2022], 2022 (http://www.suzd.si/bilten/prispevki/1613-bilten-suzd-41-2022-01[data dell'ultima consultazione]).

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